DSA e lingua cinese: sperimentazioni in atto a Macerata
Sul sito dell’AID nazionale è possibile trovare un’interessante iniziativa di inclusione attuata dall’Università degli Studi di Macerata, la quale sta sperimentando un nuovo approccio didattico, nell’ambito del progetto “Inclusione 3.0”, al fine di insegnare lingue di avanguardia come quelle orientali in modo innovativo e coinvolgente. Ma come fare con i ragazzi che presentano le loro maggiori difficoltà proprio nell’apprendimento di un’altra lingua?
Proprio le difficoltà e il malessere riscontrati in questi studenti sono stati la miccia che ha innescato l’attuarsi di un progetto completamente nuovo in Italia: l’insegnamento del cinese a studenti con dislessia. La proficua collaborazione tra la professoressa Catia Giaconi, referente del progetto Inclusione 3.0 e docente di Pedagogia e Didattica Speciale dell’Università degli Studi di Macerata e il professor Giorgio Trentin, direttore dell’Istituto Confucio di Macerata, ha permesso di mettere in atto quello che si può definire un percorso pionieristico in Italia.
Si è scelto il cinese in primo luogo per la sua scrittura. Al contrario delle lingue europee prevalentemente studiate in Italia, la lingua cinese non è alfabetica, ma si serve di caratteri, cioè di unità grafiche di significato. Il progetto vuole quindi sperimentare la possibilità che, eliminando completamente una delle fonti di difficoltà per i dislessici, cioè la sequenza di lettere, l’assimilazione della lingua possa risultare più fluida. Ogni carattere è un’unità che, una volta riconosciuta dal lettore, non ha bisogno di venire scissa in lettere e sillabe, ma ha un proprio valore semantico. La scelta della lingua cinese è stata dovuta, inoltre, al fatto che la grammatica della lingua cinese è abbastanza schematica e consente la creazione di “frasi modello” che gli studenti possono seguire in modo intuitivo.
Il metodo di insegnamento innovativo sta anche nel fatto che non vi è stata la trascrizione fonetica dei caratteri cinesi: il pinyin, cioè il metodo di trascrizione fonetica che si utilizza comunemente e che è una delle prime nozioni che in genere si insegna agli studenti di cinese, non è stato introdotto. Si è infatti preferito non “alfabetizzare” il cinese, ma si è lasciato che gli studenti ascoltassero le pronunce dei caratteri e le appuntassero come preferivano per ricordarle nel modo più congeniale e che le usassero poi secondo la strategia comunicativa alla base dell’apprendimento delle lingue.
Infine, un’ultima fase: il viaggio in Cina. Nella ferma convinzione che sia impossibile studiare il cinese senza aver mai visitato la Cina, ai ragazzi è stata offerta la possibilità di frequentare un corso estivo presso l’Università Normale di Pechino, nonché l’occasione di visitare alcuni dei luoghi più famosi della capitale cinese. Per questi ragazzi, quindi, è in programma il secondo anno di corso, mentre si pensa anche a far partire un nuovo primo anno.