I giganti dei mari sono in pericolo
La caccia e l’inquinamento mettono in pericolo la vita dei cetacei
Per molto tempo i cetacei sono stati cacciati e questo ha portato una drastica diminuzione delle specie e degli esemplari presenti nei mari oggi. Fortunatamente l’ IWC (International Wales Commission) ha imposto delle restrizioni alla cattura di balene e questo ha portato i cetacei a tornare lentamente nei loro habitat originari. Purtroppo però la caccia dei cetacei viene ancora praticata. I rischi che minacciano la sopravvivenza delle balene però non sono solo legati alla caccia, ma anche all’inquinamento dei mari che provoca uno stress ambientale che favorisce la perdita di habitat ed il diffondersi di malattie.
La caccia delle balene è stata praticata dall’uomo fin da tempi antichi: i cetacei sono stati per molto tempo un’importante fonte di cibo, materiali (con cui venivano fabbricati corsetti, ombrelli, canne da pesca) e soprattutto olio che veniva utilizzato per alimentare le lampade, fare saponi o profumi. La caccia delle balene ha raggiunto il suo culmine tra il XVII ed il XIX secolo, periodo in cui milioni di esemplari e numerose specie sono state sterminate. Fortunatamente, con la scoperta del cherosene, la richiesta di grasso di balena diminuì portando ad una riduzione delle specie cacciate.
All’inizio del XX secolo, si è iniziato a pensare che fosse necessario proteggere la vita dei cetacei. Già nel 1925, si iniziò a pensare ad una riduzione della cattura, e per questo nel 1931 venne approvata una Convenzione per la Regolamentazione della Caccia alla Balena. Nel 1946 venne istituita la Commissione Baleniera Internazionale (IWC), con il compito di riunirsi annualmente e adottare regolamenti sui limiti di cattura, i metodi di caccia e la creazione di aree protette. Attualmente, la Commissione Baleniera Internazionale è composta da 88 stati membri; la caccia avviene soprattutto per vendere la carne: un prodotto tipico molto apprezzato in Islanda, Norvegia e Giappone.
Oggi il pericolo maggiore non è più la caccia, ma l’inquinamento degli oceani, la cattura accidentale nelle reti da pesca e le collisioni con le navi. In particolare, le plastiche e gli agenti chimici presenti nei mari portano ad uno stress ambientale che modifica gli habitat e favorisce il diffondersi di malattie; un esempio di questo è rappresentato dalle gravi epidemie di stenelle (avvenute tra il 1990 ed il 2008) e dal diffondersi del morbillo dei cetacei in varie specie.
Molti scienziati stanno chiedendo di aumentare ancor di più l’attenzione per i mammiferi marini e la conservazione dei loro habitat. In particolare si chiede di diminuire il traffico marittimo, regolamentare la pesca e ridurre l’inquinamento.
Anche noi possiamo contribuire alla protezione delle balene impegnandosi a ridurre la plastica, comprare solo pesce pescato in maniera responsabile e se la tematica ci sta molto a cuore possiamo sostenere economicamente le associazioni che si battono per la salvaguardia delle specie marine come WWF o Greenpeace.
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